martedì 15 dicembre 2009

il viaggio nel Rinascimento


I Viaggi nel Rinascimento
La scoperta delle Americhe costituisce un punto di svolta per la storia dell'umanità: a essa seguono profonde revisioni nel campo dell'economia, della politica, della religione, nella sfera sociale e in tutte le forme di pensiero ereditate dagli antichi. Pensiamo, ad esempio, cosa può aver provocato nel mondo mercantile, la possibilità di tracciare nuove rotte, di esplorare terre che non avevano conosciuto fino a quel momento alcuno sfruttamento. Il desiderio di conoscere il nuovo continente cresce di giorno in giorno e spinge molti tra coloro che lo hanno visitato a redigere memorie di viaggio. Tali testi, a loro volta, fungono da cassa di risonanza e sollecitano altri occidentali ad andare ad appurare de visu quanto hanno letto.
Ci troviamo di fronte a due tipi di viaggiatore e, di conseguenza, a due tipi di racconti di viaggio: c'è il mercante che parte e annota tutto ciò che gli può tornare utile per il commercio e il guadagno. Ma c'è anche l'erudito che nutre un desiderio tutto umanistico di conoscenza. Gli scritti del primo non si discostano molto da quelli medievali di Marco Polo, sono solo più scrupolosi nel riferire le caratteristiche delle popolazioni incontrate e danno poco (o nessuno) spazio ai mirabilia, alle storie favolose e ai mostri leggendari che la tradizione vuole insediati ai confini delle terre abitate. Con il secondo, in particolare, nasce una nuova figura di viaggiatore: si tratta dell'esploratore che non è mosso dalla sete di guadagno, ma dalla pura e semplice volontà di studiare il mondo e di essere utile a chi vorrà seguire i suoi passi o, semplicemente, leggerne i resoconti standosene comodo a casa. Alla prima categoria, appartiene, ad esempio, Francesco Carletti, un fiorentino che narra di aver viaggiato per scopi commerciali e, successivamente, per recuperare la mercanzia sottrattagli da pirati olandesi. Della seconda fa parte invece Antonio Pigafetta, il nobile vicentino che segue Magellano nella sua circumnavigatio globi: entrambi sono comunque accomunati da un'osservazione rigorosa delle realtà con le quali entrano in contatto.
La letteratura di viaggio rinascimentale rivela una riscoperta di sé da parte dell'europeo: mentre le popolazioni aborigene vengono sistematicamente considerate primitive, l'occidentale, che acquista maggior consapevolezza della propria cultura e del proprio sviluppo, arriva a definirsi evoluto e moderno. Il viaggiatore del Vecchio Mondo osserva gli indigeni americani e nota che la maggior parte di loro non indossa abiti, non conosce la "vergogna" e la repressione sessuale, non ha leggi e tribunali, non fa uso del denaro, ma conosce solo il baratto. Costoro sono descritti come esseri timidi e generosi che vivono in uno stato pacifico, quasi edenico (nasce in questo periodo il mito del "buon selvaggio"), vicino, secondo le credenze del tempo, alla condizione originaria dell'uomo, prima che il tempo e le vicende storiche potessero corromperla. L'immagine del nuovo mondo ha molti punti in comune con quella della mitica età dell'oro tramandata dagli antichi.
Lungi dal voler esaurire in poche righe un argomento così complesso, anzi volendo sottolineare quello che le grandi scoperte hanno contribuito a operare nella nostra civiltà, si potrebbe dire che l'Europa tutta fu costretta a riflettere sull'immagine che aveva di sé, a considerare la propria storia come corruzione sì dell'innocenza originaria, ma anche come progresso, a non vedersi più in un perenne rapporto di inferiorità rispetto agli antichi, in particolare ai greci e ai romani, ma a considerarsi evoluta e matura. A ciò contribuirono tutti gli uomini che in quegli anni, per motivi disparati, viaggiarono in lungo e in largo attraverso gli oceani e la terraferma. Consapevoli osservatori e scrupolosi raccoglitori di dati, divennero veicolo di diffusione delle nuove conoscenze e anticiparono la figura del viaggiatore scienziato dei secoli successivi.

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